25/06/11

Il rogo di Berlino: una bambina tra le macerie

Recentemente ho avuto modo di leggere "Il rogo di Berlino" dell'autrice tedesca, naturalizzata italiana, Helga Schneider.



Si tratta di un libro forte ed intenso, che raccoglie le memorie dell'autrice riguardanti gli anni trascorsi a Berlino ed in Germania, mentre infuriava la seconda guerra mondiale.
La forza del racconto non risiede nello stile utilizzato o nella forma, ma nei contenuti e nella grande capacità di evocare, nella mente del lettore, quello che lei ha vissuto in prima persona.
È un libro che fa riflettere, che fa pensare a quanto assurda sia la guerra, mostrandoci attraverso gli occhi di una bambina gli orrori di cui l'uomo è capace.
Mostra anche uno spaccato di vita, spesso trascurato, dei cittadini berlinesi e del lento avvicinarsi della guerra al cuore della Germania, che porta lentamente ed inesorabilmente a mutare le abitudini di vita, spingendoli sempre più a vivere sotto terra, in rifugi di fortuna ricavati nelle cantine o nella metropolitana, dove più persone si trovavano a condividere forzatamente quei tragici momenti.
La difficoltà nel reperire l'acqua ed il cibo, del dover convivere con la morte al proprio fianco, la paura del rimanere uccisi durante i bombardamenti, la paura della sconfitta legata soprattutto a quello che potrebbe essere fatto loro da parte dei vincitori.
Il tutto in una città dilaniata e violentata dalle bombe, dove anche la più normale delle azioni diventa pericolosa e mette in pericolo la propria incolumità.
Bambini che si sono visti strappar la loro infanzia in maniera brutale, segnati così profondamente dalla guerra tanto da non aver più la voglia di vivere.
La violenza dovuta all'istinto di sopravvivenza, che porta a far agire sia adulti che bambini come se fossero delle bestie e non più degli uomini.
Il libro ci parla di tutto questo, visto dagli occhi di una giovanissima Helga Schneider che si ritrova a vivere durante questi anni, passandone gran parte all'interno di una cantina divenuta rifugio, soffrendo i morsi della fame e dell'incertezza sul futuro.
Questa era una fanatica nazista, che abbandonò i suoi figli per arruolarsi come ausiliaria nelle SS, arrivando poi a ricoprire il ruolo di guardiana in campi di concentramento femminili (prima in quello di Ravensbrück e successivamente ad Auschwitz).
Figura particolare, che dopo decenni ancora non si era ravveduta ma addirittura arriva a chiedere alla figlia (che non vedeva dal momento dell'abbandono), di indossare l'uniforme nazista da lei portata durante la guerra.
La Schneider vive sulla sua pelle una delle esperienze più tragiche del secolo scorso, riuscendo con grande capacità evocativa a trasportar sulla carta quanto da lei vissuto.
Questo è un libro che bisogna leggere, per non dimenticare.

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