13/07/11

Recensione "Matterhorn" di Karl Marlantes


Oggi ho concluso la lettura del libro "Matterhorn" di Karl Marlantes, che avevo segnalato precedentemente in un mio post.
Si tratta di un libro che ha visto la luce dopo un parto lungo e travagliato, durato la bellezza di 35 anni e che ha subito, nel corso del tempo, un notevole numero di modifiche e riscritture.
Il "Matterhorn" è il nome in codice di una base di fuoco d'artiglieria, posizionata sulla cima di uno dei tanti rilievi montuosi vietnamiti, e che si trova in una posizione strategica in prossimità della zona demilitarizzata che separa il nord ed il sud del Vietnam, vicino al confine con il Laos.

 
Qui ha inizio la prima esperienza di comando da parte di un giovane ufficiale dei Marines, Waino Mellas, appena arrivato al fronte ed assegnato alla compagnia Bravo, stanziata sul "Matterhorn".
L'esperienza dell'autore, pluridecorato veterano della guerra in Vietnam, risulta evidente in tutte quelle piccole cose che caratterizzano la vita quotidiana dei marines, con l'utilizzo di parole tratte dallo slang in uso tra i soldati (consigliata la lettura in lingua originale) o di particolari riguardanti le abitudini dei soldati al fronte, che arricchiscono notevolmente la lettura del libro.
Si tratta di quel genere di descrizioni che personalmente apprezzo molto e che cerco in un libro di questo genere.
Nella parte iniziale del libro muoveremo i nostri primi passi insieme a un tenente Mellas impacciato e goffo, preoccupato nel riuscire ad inserirsi nella compagnia, cercando di guadagnarsi la stima dei propri sottoposti e dei veterani. Un ragazzo ambizioso,  percorso da sentimenti condivisi da tanti altri giovani, deciso a far bene il proprio lavoro e desideroso di distinguersi sul campo di battaglia. Lui e gli altri personaggi principali del libro
vengono descritti e caratterizzati in maniera ottimale, facendoli risultare incredibilmente autentici e facendoti affezionare a loro (con i vantaggi e gli svantaggi del caso).
Una delle cose che colpisce maggiormente è la giovane età dei soldati, che nella maggior parte dei casi hanno a malapena vent'anni e tra questi giovanissimi si trovano anche veterani ormai già al loro secondo turno in Vietnam, che di adolescente avevano ben poco oltre all'età anagrafica.
Questo vale sia per i soldati che per gli ufficiali, anche loro particolarmente giovani e gravati di pesanti responsabilità nei confronti dei propri sottoposti.
I soldati conducono la loro esistenza tra giri di pattuglia carichi di tensione, ulcere tropicali, marce, sanguisughe, lavori di noiosa routine e in balia dei capricci degli ufficiali superiori, con le loro richieste che risultano assurde ed insensate agli occhi della truppa.
Oltre a questo, anche la natura ci mette il suo zampino, con una vegetazione ostile e una pioggia costante e martellante, che non agevola alcun genere di attività militare.
L'ambizione personale gioca poi un ruolo fondamentale sul destino di tantissimi ragazzi, sbattuti in mezzo alla giungla e costretti a marce forzate per compiacere uno degli alti papaveri del comando.
Le azioni militari sono descritte con dovizia di particolari, anche le parti di combattimento vero e proprio sono decisamente realistiche, lasciando trasparire in maniera evidente l'esperienza di Karl Marlantes, che non risparmia al lettore le descrizioni più crude o particolarmente forti.
Sensazioni e contraddizioni dei giovani militari sono messe in primo piano, elemento importante per cercare di capire cosa questi ragazzi pensassero durante il conflitto, senza trascurare le loro paure, i pensieri, i dubbi e a quali conclusioni potessero arrivare sul loro ruolo nel conflitto e sull'utilità dello stesso.
Le considerazioni su questi temi vengono principalmente fatte da Mellas, ed emergono nei suoi intimi ragionamenti o nelle discussioni con gli altri militari, dove c'è una particolare cura anche nei dialoghi che non vengono lasciati al caso.
Nel libro è costante la presenza delle tensioni razziali che esistevano all'interno dell'esercito americano, in grado di attenuarsi unicamente quando i soldati si trovavano al fronte, dove per necessità e paura si sentivano molto più uniti tra loro indipendentemente dal colore della pelle.
Vengono presentati anche molti episodi tipici di quel periodo, a partire dal fragging (uccidere, con una granata a frammentazione, un sergente o ufficiale detestato), il traffico illegale d'armi e di droghe tra i soldati, il radicalismo dei neri legati al black power e tanti altri aspetti che facevano parte del tessuto delle forze armate americane in Vietnam.
L'autore rappresenta la realtà dei fatti in maniera chiara e precisa, senza tanti giri di parole, mostrando quello che era in sostanza la guerra in Vietnam, non solo per quello che riguarda gli scontri a fuoco brutali ed il conflitto con le forze dell'NVA, ma anche e soprattutto tutto questo nutrito sottobosco che ha pesato notevolmente all'interno di questa guerra diventata profondamente politica.
In conclusione posso dire che il mio giudizio su "Matterhorn" di Karl Marlantes è più che positivo, lo ritengo uno dei migliori libri sul Vietnam e si tratta di una lettura che mi sento di consigliare soprattutto a chi apprezza questo genere di romanzi di guerra.

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